La Germania è sempre più convinta di spendere sulla difesa


Il primo atto del governo di Friedrich Merz, non ancora nemmeno insediatosi, potrebbe essere una modifica alla Costituzione tedesca che gli permetta di varare investimenti in difesa e infrastrutture senza violare il freno al debito. Nonostante lo Schuldenbremse (il freno al debito, appunto) sia da tempo ritenuto fondamentale per la Cdu e Merz stesso, negli ultimi anni è diventato sempre più insostenibile, finendo con l’essere sospeso per finanziare misure sociali o di supporto alle imprese durante la pandemia e la crisi energetica seguita all’invasione dell’Ucraina. Proprio sulla reintroduzione del freno al debito, del resto, si consumò la crisi del governo Scholz, con il conflitto tra il cancelliere socialdemocratico, favorevole a prolungare l’estensione nel 2025, e il ministro delle Finanze e leader liberale Christian Lindner, che avrebbe voluto farlo tornare in vigore.

Se oggi Merz vuole reintrodurlo non è tanto per un’inversione a U sul programma elettorale o sulla linea del suo partito, quanto per via di un certo pragmatismo di cui ha spesso dimostrato di essere dotato. Nella prospettiva del probabile futuro cancelliere, europeista e atlantista, l’abbandono dell’Europa da parte degli Stati Uniti pone la necessità all’Unione europea di continuare a sostenere l’Ucraina da sola, oltre che agli Stati europei di migliorare i propri sistemi di difesa. Se, in altri termini, l’atlantismo si fa meno praticabile, è sulle capacità europee che bisogna imprimere una svolta: e se per farlo è necessario riarmarsi, e se per riarmarsi serve investire, allora val la pena di dare qualche picconata allo Schuldenbremse.

La modifica alle regole sul debito avverrebbe attraverso l’esenzione delle spese in difesa dall’obbligo di non superare l’uno per cento del Pil in debito (cioè, attualmente, quarantacinque miliardi), e la creazione di un fondo decennale di cinquecento miliardi per spese in infrastrutture. Il costo politico della mossa, però, non è secondario. Il fondo per le infrastrutture, ad esempio, è stato inserito nel pacchetto proprio per assecondare le richieste della Spd, con la quale i cristiano-democratici stanno negoziando la formazione della maggioranza. Per modificare la Costituzione, però, serviranno anche i voti dei Verdi, che tatticamente hanno già fatto sapere che non li forniranno senza l’aggiunta di misure specifiche sugli obiettivi climatici. Per giunta, Merz deve fare presto: il 25 marzo entrerà in funzione il nuovo Bundestag, dove l’AfD avrà abbastanza seggi per bloccare ogni revisione costituzionale.

Per poter ottenere l’approvazione di maggiore flessibilità sulla difesa, dunque, Merz sarà costretto a fare proprie alcune rivendicazioni degli avversari. Per quanto tecnicamente si tratti di un’esenzione dalle regole, è chiaro che l’episodio rappresenterebbe l’ennesimo capitolo di una più profonda messa in discussione del freno al debito, con tutto quello ciò comporterà per il futuro. La previsione di investimenti per le infrastrutture, inoltre, così come nuove misure climatiche come probabile contropartita per tirare a bordo i Verdi, rappresenterebbero ulteriori cedimenti alla linea della Cdu, accettati in nome della superiore necessità di rendere la Germania in grado di affrontare la fase aperta dall’allineamento Washington-Mosca.

Secondo economisti e analisti, gli effetti sull’industria tedesca potrebbero essere significativi, poiché lo stimolo al settore difesa contribuirà a compensare la crisi industriale di altri settore, come quello automobilistico, e i progetti infrastrutturali daranno nuova linfa a indotti come quello delle costruzioni. Secondo stime Bnp, l’economia tedesca, in stagnazione da due anni, potrebbe crescere dello 0,7 per cento già nel 2025, rispetto allo 0,2 per cento previsto attualmente. Il rapporto debito/Pil, in ogni caso, resterà ben al di sotto di quello di Francia e Italia.

Se sul piano economico gli effetti della mossa di Merz potrebbero essere molto positivi, quelli sul piano dei rapporti tra forze politiche andranno valutati in itinere. Nell’immediato, le concessioni ai Verdi potrebbero indebolire Merz agli occhi di una parte più o meno ampia della base elettorale della Cdu. Nel lungo termine, però, se gli effetti positivi sull’economia si confermeranno, la sua leadership ne uscirebbe senza dubbio rafforzata.

Per giunta, Merz avrebbe, a quel punto, gioco facile nel presentarsi come un uomo di Stato che, in un momento complesso, ha rilanciato l’economia stimolando settori strategici attraverso un accordo con forze politiche molto diverse che mantenesse intatto il cordone sanitario contro l’estrema destra. Con buona pace dello Schuldenbremse in purezza.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link